venerdì 22 marzo 2013

Non chiamiamoli scarabocchi!

"Le dessin d'un enfantc'est un peu de son ame", scriveva nel 1913 Eduard Claparéde. Nel disegno, infatti, il bambino proietta i suoi stati d'animo, i suoi bisogni, il suo mondo interiore, le sue speranze, le sue gioie, le sue sicurezze, le sue paure, le sue angoscie. Attraverso il disegno il bambino narra vicende vissute o immaginate, trasfigura la realta', se ne impadronisce, mostra le proprie conoscenze e ragiona su di esse. Tutti i bambini amano disegnare, sopratutto in certi momenti della giornata. Molto spesso, infatti, il disegno e' divertimento, e' un gioco che si alterna ad altri. Si tratta di un gioco tranquillo, che si puo' fare da soli o con pochi compagni, e che, come tutti gli altri giochi, viene fatto con la serieta' e con l'impegno che contraddistinguono tutte le attivita' infantili.
Fanno bene quei genitori che conservano gli "scarabocchi", anche i più "brutti", dei loro figli. C'è qualcosa di magico, di puro, di artistico che lega il piccolo al mondo e che accomuna i bambini di ogni parte della terra, poichè lo scarabocchio è un gesto universale. Esso appare simile in tutte le culture, presso ogni razza e a tutte le latitudini.
I bambini, con lo scarabocchio, celebrano l'origine della scrittura. Esso è un atto primitivo, ma carico di significato: è l'inizio dell'avventura, un momento della costruzione del linguaggio scritto che diventerò comunicazione.

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